ALBERTO MATTIOLI
“PAZZI PER L’OPERA”
GARZANTI, NOVEMBRE 2020
Faenza, 7 aprile 2021, dopo la lettura integrale di questo testo
Bello, coinvolgente, scritto bene e con rara competenza, questo volume mette in scena, attraverso atti e intervalli, proprio come in un’opera, regie, cantanti, melodrammi, messe in scena, come nessun altro libro da me letto ha mai saputo fare, grazie all’esperienza, alla chiarezza di idee, alla proprietà di linguaggio e alla piacevolissima lettura di questo patito cultore del melodramma, che di opere ne ha viste davvero tante e che, di ciascuna, ricorda e ci tramanda moltissimi particolari.
Interessantissimi i suoi pareri sui cantanti, tra cui Mirella Freni, Luciano Pavarotti, Maria Callas, Cecilia Bartoli, tanto per citarne solo alcuni, e interessanti i suoi giudizi sulle regie moderne, che sovente condivido, per alcune delle quali, però, vorrei dire qualcosa, insomma, esprimere il mio disappunto per certuni tipi di regia, antica o moderna che sia, che, attraverso tante trasformazioni, spesso ha svisato completamente il senso dell’opera che le aveva dato il suo Autore.
E mi spiego.
Credo che esistano due tipologie di opere:
Opere delicate (oserei dire intoccabili, o quasi);
Opere malleabili (ossia trasformabili a piacimento, tanto il loro significato rimane lo stesso).
OPERE DELICATE
Le opere della prima serie riguardano i melodrammi che hanno un’epoca di riferimento, si rifanno, cioè, a un particolare periodo storico.
Qualche esempio? “Guglielmo Tell” di Rossini, “Attila”, “Rigoletto” e “Nabucco” di Verdi, “Don Giovanni” di Mozart, “Tosca” di Puccini…
Per queste opere non dovrebbero esserci stravolgimenti registici troppo azzardati rispetto a ciò che è prescritto nel libretto. Intendiamoci: non parlo di questioni tecnologiche che riguardano fondali costruiti con videoproiettori anziché teloni di tessuti di canapa: la tecnologia in questo caso, ben venga!
Come non parlo di cantanti che finalmente si muovono in scena come veri attori, e non come certi salamoni, pur dotati di stupende voci, del passato.
Come non discuto neppure delle nuove tecniche di canto, che permettono agli interpreti canori di esprimersi al meglio con la loro voce. Nei grandi teatri che ho frequentato ultimamente, hanno dimostrato professionalità e tenute vocali davvero eccezionali.
Ben vengano, queste cose!
Parlo, purtroppo, di certe oscenità che, almeno secondo il mio parere, non dovrebbero mostrarsi più.
Come, per esempio, mettere in scena un Attila, ambientato nel quinto secolo Dopo Cristo, con costumi appartenenti all’epoca fascista, oppure creare una scenografia del Rigoletto con automobili e personaggi vestiti come i gangster degli anni venti, o far morire Violetta di overdose, far vedere Sigfrido che si masturba in scena, mettere in scena una Madame Butterfly, diretta nientemeno che da Placido Domingo, con i personaggi travestiti da animali (orsacchiotti, specie di panda, ecc.) Beh, gli esempi potrebbero essere centinaia.
Per compiacersi, poi, di che cosa?
E’ vero che il pubblico e i tempi sono cambiati, ma se i testi e la musica debbono rimanere tali, o cambiamo anche questi (per carità, un’idea da scartare in tutti i sensi), oppure chiudiamo gli occhi durante la rappresentazione, e, senza vedere nulla, ci beiamo all’ascolto del solo audio (c’è chi lo sta già facendo, ma si priva, ohimè, dell’azione e della scena che dovrebbero essere nati con la musica e il testo, in quanto la parola “melodramma” significa “azione in musica”).
OPERE MALLEABILI
Generalmente sono assai critico sulle regie di Damiano Michieletto, un giovane regista operistico emergente che, in questo periodo, va per la maggiore. In effetti, visionando alcune sue operazioni operistiche, a volte mi è venuto il voltastomaco per l’incoerenza che ha dimostrato nel voler stupire a tutti i costi.
Mi è capitato, però, di vedere una sua regia che mi ha lasciato felicemente stupito per la grande originalità.
Parlo della sua regia de “L’elisir d’amore” di Gaetano Donizetti.
Siamo abituati a vederlo con regie tradizionali, in un ambiente agreste, in costumi popolari del Settecento, ma qui le cose, messe in scena allo Sferisterio di Macerata, sin sono, oserei dire, felicemente ribaltate.
All’ambiente agreste è stata preferita una spiaggia, tipo Cesenatico, con tanto di bar, interpreti in costume da bagno e un’atmosfera che ricordava, proprio in tutto, le vacanze della riviera romagnola.
Nemorino era un turista, Adina una rampante, avvenente giovine, padrona del Bar Adina, Dulcamara un venditore di “sostanze proibite”, Belcore una specie di capitano di corvetta e il tutto si svolgeva in un’atmosfera allegra, leggerissima, gaia.
Stupendo, stupefacente! E, oserei dire, del tutto inaspettato!
Credo che nessuno avrebbe mai pensato di trasformare quest’opera in un tale modo.
E la cosa è stata divertentissima!
Ma ci troviamo di fronte a un’opera davvero poco delicata.
Un’opera che, tutto sommato, si potrebbe inserire in un’epoca qualunque, senza alcun limite spaziale o temporale, perché il fatto insito in questo melodramma potrebbe essere raccontato anche ai giorni nostri.
Poi, comunque, ci sono opere moderne che, per loro natura, possono essere rappresentate in tanti modi, in quanto il loro autore era ben conscio dell’epoca in cui le aveva scritte e della possibilità di lasciare spazio alla creatività dei registi, degli scenografi, dei costumisti…
Un esempio?
A Bologna, una ventina d’anni fa, ho assistito a un Wozzeck di Berg rappresentato, in modo mirabile, dentro degli scatoloni di varia grandezza. Non ricordo di chi era la regia. Sicuramente non italiana.
L’effetto era stupefacente e perfettamente aderente al messaggio che Berg voleva dare alla sua opera.
L’opera è un po’ come l’architettura, o come certe situazioni che accadono al giorno d’oggi.
Un esempio?
Esistono città delicate e città malleabili.
Alla prima categoria appartiene Venezia. Una nave di 600 metri di lunghezza, piena di turisti, che parcheggia davanti alla chiesa di San Marco è un’oscenità che rovina irreparabilmente l’armonia di questo capolavoro (Venezia) che galleggia sulla laguna. E per fortuna, proprio in questi giorni è uscita un’ordinanza che vieta alle navi da crociera di traghettare davanti alla chiesa.
Una nave passeggeri ancorata al porto di Napoli non dice nulla a nessuno…
Ma esistono anche atteggiamenti delicati e malleabili. Un esempio?
Una signora in monokini e infradito nella platea della Scala farebbe scandalo e disappunto.
Una signora in monokini e infradito a un concerto presso un Festival dell’unità? Waww! Si fa festa!!!
Pier Giacomo Zauli