Faenza, 18 novembre 2020
Stamattina, come faccio da un po’ di tempo a questa parte, passo dall’edicola e prendo il Carlino per mia mamma. Spesso, leggo le notizie locali.
Alla pagina 16 trovo il titolo “Casi a scuola, raffica di chiusure” e, nella pagina successiva, un articolo, con tanto di foto (anzi, di due foto) intitolato “La storia non si riduce a una videochiamata”.
Vedendo la foto, mi viene immediatamente alla mente una notizia data il 17, sui Tg nazionali, in cui si potevano vedere due realtà scolastiche, una a Faenza e una a Firenze, dove le classi facevano lezione in presenza, e non in DAD, non in una classe fatta di muri e ben riscaldata ma fuori, all’aperto.
Mi ero immaginato un affollamento di studenti, desiderosi e determinarti a svolgere le lezioni dal vivo, e non tramite un computer, anche se le inquadrature delle telecamere mostravano pochi personaggi.
Leggo avidamente l’articolo, ma le mie immaginazioni vengono subito rimosse dalla notizia che, almeno a Faenza, ad assistere alla lezione “in presenza” c’erano solo quattro studenti.
Mi è venuto da chiedermi: “e tutto il resto della classe, dov’era?”
Era dove doveva essere!
A casa!
A studiare, comunque, anche se meno comodamente che in presenza, perché aveva capito che, in situazioni di emergenza sanitaria (e non politica) si deve agire come viene suggerito dagli esperti, che non si tratta di discutere su argomentazioni politiche, o culturali, non si tratta di negare qualcosa che l’uomo ha detto o sostenuto, come può essere la contestazione ad un regime, a una politica, ma si tratta soltanto di seguire una condotta adatta a sconfiggere un virus, una malattia che si può debellare solo stando attenti a fare ciò che un Governo, che, con i suoi esperti, i medici, gli scienziati, ha detto che questa è la linea da seguire, per il bene di tutti, per il rispetto della vita di tutti, nonostante ciò comporti delle privazioni, dei sacrifici, delle inevitabili manchevolezze di affetti, socialità, trasmissione agevole della materia.
La Scuola (quella con la S maiuscola) dovrebbe incentivare tutto questo, dovrebbe invitare gli alunni al sacrificio, all’applicazione, all’apprendimento, pur senza essere sui banchi di scuola, facendo leva anche su ciò che afferma l’articolo 32, spesso citato anche in modo politicamente malevolo da molte parti, dove si afferma che “la salute è un diritto fondamentale dell’individuo e della collettività” e se la salute dipende dal nostro comportamento per la tutela di noi stessi e degli altri, dipende quindi anche, e soprattutto, dal nostro comportamento, pure quello di professori e studenti.
Anche se tutti ci auguriamo al più presto di tornarci, su quei banchi, e di poter fare e assistere ad una lezione come si deve!
Pier Giacomo Zauli
Docente di Musica presso la Scuola Media “Europa” di Faenza