NOVECENTO… DUEMILA
Faenza, 13 novembre 2016
Un centinaio abbondante di persone che gremivano la sala, un ambiente acustico che più di così non si può, sei esecutori perfettamente amalgamati tra loro e con una rara perfezione di suono e un pot purrì di musiche scritte tra il 1930 e oggi, hanno reso la performance di questo pomeriggio accattivante, avvincente ed estremamente gradevole anche agli scettici che, quando si parla di musica coeva, storcono abbondantemente il naso.
Tardo pomeriggio organizzato dall’Emilia Romagna Festival insieme al Teatro Masini che è trascorso in un attimo, contornato da sonori, convintissimi applausi che hanno sempre accompagnato tutte le esibizioni.
Composizioni, come dicevo prima, di autori del Novecento, alcune delle quali, almeno per me, sono state davvero sorprendenti, a cominciare dalle “Trame sintattiche” di Aurelio Samorì, in prima esecuzione assoluta, che ha esaltato il suono di tutti i componenti del sestetto, sempre in primo piano, utilizzando ardite trame sonore, estensione a tutto campo, dissonanze estreme, ma contornate sempre da una grande piacevolezza di suono, resa grazie alla maestria compositiva di questo nostro autore.
A proseguire con il “Sestetto” di un giovane Denis Zardi, che abbina a schemi usuali della musica del Novecento una splendida vena melodica, con la quale ha iniziato magnificamente l’approccio dell’ ”Allegro moderato” del sestetto, con uno stile pianistico ricco di arpeggi che facevano pensare proprio al Novecento più piacevole, con l’utilizzo di scale quasi di derivazione orientale e stupende cascate di note, che rendevano il brano comunicativo ed assai raffinato.
Raffinatezza ed attrattiva sonora sviluppate anche, ed in particolare, nello “Scherzo”, che costituiva il secondo movimento del sestetto, in cui una melodia sempre in primo piano veniva continuamente esaltata da una vicissitudine di note che portavano l’ascoltatore ad assistere ad un vortice, stupendo, che sembrava non finire mai.
A terminare il sestetto una “Introduzione e finale” dall’inizio pacato, proprio da introduzione, seguito, dopo un interessante intervento pianistico, da un aumento di sonorità e da un’alternanza e al contempo un connubio tra gli strumenti davvero ricco di pathos che metteva in luce tutte le caratteristiche degli organi musicali presenti, davvero sempre all’altezza della situazione.
Organi musicali tenuti in mano da sei esecutori di rara bravura, che hanno sempre suonato all’altezza della situazione, senza alcuna esitazione, immedesimandosi completamente nel ruolo loro affidato.
Esecutori dell’Ensemble Sarti, i cui nomi corrispondono a quelli di Domenico Banzola, al flauto, Davide Bertozzi all’oboe, Valerio Dragoni al Clarinetto, Javier Gonzales al fagotto, Benedetto Dallaglio al corno e Denis Zardi, in questo caso sia compositore, sia esecutore, al pianoforte.
Il concerto, che iniziava con “Sextour” di Leo Smith e terminava con l’omonimo brano di Francis Poulenc, con, in aggiunta, come bis, lo “Scherzo” del sestetto zardiano, penso proprio abbia convinto tutti gli ascoltatori della bravura degli autori e degli esecutori e abbia fatto recedere i detrattori della musica contemporanea dalla convinzione, che spesso sento, che non è udibile, è assurda, porta solo a strane sensazioni e non è ascoltabile da tutti.
Pier Giacomo Zauli