“PARLARE DI MUSICA” DI STEFANO BOLLANI
Qui (pagina
115) Bollani parla di un presepe spontaneo, una specie di gioco
costruito dagli abitanti delle favelas di Rio, nelle quali il musicista era
stato invitato a tenere un concerto (e l’aveva tenuto). L’opera, scoperta da un
critico d’arte, viene portata alla biennale d’arte di Venezia. Un piccolo Autore del presepio, parlando con
Stefano Bollani, lo guarda e gli dice:
“Per me tutto
è iniziato quindici anni fa, come un
gioco. Ora arriva questo che mi dicono di essere un signore importante e ci
spiega che è Arte. Boh. Io so solo che, se comincio a pensare che è arte, non
mi diverto più, dunque continuo a pensare che è gioco”.
In questa frase c’è molto da scoprire.
O, almeno per me, che di jazz finora ci aveva capito
quanto un bambino di tre anni poteva aver capito su come si costruisce un
grattacielo, si è aperto un mondo: un mondo
che ti fa capire che, oltre alle problematiche sociali, razziali, etniche, e
che ne so… che hanno dato l’avvio a questa corrente musicale, il jazz è fatto
di uomini, donne, persone che con esso si divertono, in qualunque modo glielo
si proponga, in qualsivoglia forma glielo si presenti, purché abbiano la
voglia, l’intenzione di ascoltare chi gli sta davanti, e di collaborare con lui
(o con lei) alla realizzazione di un progetto comune. Musica collaborativa, ma anche competitiva,
come nelle jam session. Musica che si differenzia da tutte le altre presenti
sul mercato: moderna, attuale, ma, al contempo, ancestrale, antica.
Contiene una specie di diktat: la concezione che
quello che fai vale solo per il momento in cui lo fai, perché non si ripeterà
mai più, contrariamente a quello che è insito nella musica classica del dopo
Ottocento, da Mendelssohn in poi per intenderci, qualcosa che è in continua
evoluzione e che non può essere neppure scritto sulle cinque righe di un
pentagramma, o sulle undici di un endecalineo, in quanto impossibile, anche se
è necessario, all’almeno il novantanove per cento dei musicisti, jazz e non,
conoscere alla perfezione il significato che le palline poste sul pentagramma
hanno…
Come dice Bollani: “il
jazz… è un linguaggio musicale che permette di suonare tutte le volte anche lo
stesso repertorio ma cercando qualcosa di diverso, la sorpresa del momento, la
trovata estemporanea che non sarebbe mai
uscita se pensata a tavolino… espressione pura che vola via dopo averti
attraversato, come un vento che scuote le frasche”. (Pag. 36).
Oppure, ancora: “Nel
jazz l’errore può essere una porta che si apre…” (pag. 39)
Ma Bollani non è solo un pianista o un vocalista jazz:
le sue parole, sagge, ponderate e libere al contempo, nascono da una cultura
profonda, sviluppata attraverso anni e anni di studio in Conservatorio, che
solo dopo un approfondito tirocinio e tanta pratica è riuscita a liberarsi, a
comprendere ed assimilare realtà tanto diverse, come la musica pop, il rock, il
soul, ma anche Autori classici, romantici, dediti alla politonalità, o
cageanamente portati alla pazza, infinita ricerca…
Entusiasta, frastornato, a volte, dalle parole di
questo Autore, invito tutti voi a leggere questo libro, sicuro che non penserete
di aver perso neppure un secondo della vostra vita nel farlo.
Stefano Bollani: “Parliamo di Musica”, Mondadori,
novembre 2012
Pier Giacomo Zauli